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FASCIA D'ETA' 15 +

Lettura per “Giovani adulti”, + 15

 

 Ero cattivo di Antonio Ferrara, San Paolo 2012, p. 177.

 

Ero cattivo di Antonio Ferrara (San Paolo 2012) è un romanzo vincitore del Premio Andersen 2012, nella categoria d’età “maggiore di 16 anni”; è una storia forte e commovente sul disagio giovanile, che inchioda gli adulti alla responsabilità educativa con i soggetti in formazione.
Una storia realisticamente brutale con un parziale lieto fine, che potrebbe essere metaforicamente anche un grido d’aiuto amplificato dei giovani in difficoltà, loro malgrado, nel momento cruciale della loro vita, quando hanno tanto bisogno di valori e di attenzioni, con un mondo adulto invece sordo e avviluppato su se stesso (o sui propri pregiudizi).

Ero cattivo è scritto in prima persona e l’io narrante è il protagonista Angelo, un dodicenne caratteriale e disadattato, che in ogni ambiente, da quello familiare a quello scolastico, a quello della strada…, è considerato un soggetto pericoloso da rieducare… Ed egli si convince della sua diversità, ripetendo a se stesso di essere cattivo; e per essere nato con questo stigma, non gli resta che essere cattivo; da qui una sequela di canagliate.

E il mondo adulto? A casa Angelo è picchiato, tra gli amici è emarginato, a scuola è punito… Nessuno si è mai chiesto le ragioni di tanta opposizione; sicchè quando uno scherzo del ragazzo causa un attacco di cuore mortale alla sua professoressa, Angelo è mandato in una isolata comunità di recupero, guidata da padre Costantino, un prete che educa con l’amore, col sorriso, con la fiducia, bandendo così percosse, minacce, castighi cui Angelo era abituato; un approccio che sbalordisce il giovane ribelle, infatti lo lascia inizialmente guardingo, ma alla fine il metodo ha successo: tra alti e bassi, tra cammino di redenzione e regressione, l’indocile dodicenne intraprende la strada del cambiamento.

Nella comunità Angelo non è solo, ci sono altri tre ospiti con vissuti ancora più forti del suo; vi è Nicola, caduto nell’incubo dell’alcolismo, Leo, un piccolo ladro fuggito anche da casa, e Mara, quindicenne violentata e incinta.

Ragazzi che rappresentano l’epifenomeno di una emarginazione sociale devastante, tanto reale, quanto occulta, sicchè la storia diviene un monito per gli uomini a inforcare gli occhiale e guardarsi intorno: nel proprio quartiere, nel proprio paese, nella propria città…; le violenze e il degrado sono causati dal deficit d’amore.  

L’approccio educativo di padre Costantino, poi, è quello di far leva sulle peculiarità di ogni ragazzo, per cui li spinge a credere nei sogni, nelle proprie possibilità, nella convinzione di potercela fare.

In questo percorso di recupero sia educativo sia umano non tutti ci riescono: Mara scappa e interrompe la gravidanza; ma gli altri tre pur con fatica avvertono le prime luci fuori dal tunnel; c’è chi si dispone a diventare chef, chi un musicista, chi, come Angelo, un Veterinario.

Lo scrittore napoletano stilisticamente usa un andamento paratattico e rapido, con un linguaggio asciutto e diretto che mette il lettore immediatamente davanti sia al dramma psicologico dei personaggi, sia all’ambiente sociale carenziato; qua e là sono disperse delle punte di ironia da rendere la narrazione fluente e accattivante, anche se non mancano alcuni lacerti di alto coinvolgimento emotivo: Stavo con gli occhi aperti. Il buio era denso, potevi toccarlo. Ripensavo quel pensiero amaro […]. Non potevo pensarci, mi veniva come una nausea, mi toglieva il respiro […]. E questo era: io ero cattivo.

Per i fatti narrati, per i passaggi psicologicamente cruenti, per il mancato lieto fine evidente, Ero cattivo è un libro per giovani adulti, ma lo è in particolare per adulti, perché padre Costantino costituisce un paradigma forte e incoraggiante per come educativamente essere genitori e come affrontare i disagi dei propri figli.

 

 

 

 

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Non dirmi che hai paura di Giuseppe Catozzella

di Arianna Gennaro, Antonio Macripò, Cecilia Palmieri, Arianna Mele, Nicla Pastorelli, Lucrezia Surgo, Cosimo Rodia. 

 

Il romanzo "Non dirmi che hai paura" è tratto da una storia vera, scritto da Giuseppe Catozzella ed edito dalla Feltrinelli nel 2014.

È la vicenda di una bambina di otto anni di nome Samia, che vive a Mogadiscio con la famiglia povera e numerosa, in una città devastata da guerre tribali. Di fronte alla sua capanna vive il coetaneo Alì della tribù darod nemica di quella abgal cui appartiene la protagonista, ma le famiglie si amano e si  rispettano a vicenda. Samia ed Alì hanno un sogno: diventare velocisti.

La ragazza cresce vincendo le prime gare. L’amica surclassa Alì, il quale decide di essere il suo allenatore; ma mancano indumenti, luoghi per allenarsi, il consenso della società.

Gli integralisti islamici cercano di frenare la libertà di Samia, ciò nonostante, la ragazza continua a correre e a vincere; successivamente la piccola velocista è invitata ufficialmente dal Comitato olimpico a partecipare per i colori della Somalia alle Olimpiadi di Pechino.

Nel frattempo si verificano degli avvenimenti forieri di fatti tragici: attorno al recinto delle due capanne, si aggira un gruppo di giovanotti sospetti, uno di loro cerca il migliore amico della sprinter. Inoltre, il fratello maggiore di Alì è cacciato di casa dal padre perché è  stato arruolato dagli integralisti. Pochi giorni dopo, senza preavviso la famiglia di Alì lascia la capanna e il paese.

Intanto la sorella maggiore, Hodan, specchio dell’anima di Samia, si sposa, ma è costretta a ritornare nella casa paterna perché anche il marito, essendo un darod, è costretto a scappare.

Il padre di Samia muore, ucciso ai mercati generali dagli integralisti di Al-Shaabab: oramai la famiglia di vive di stenti. Arriva la partenza per Pechino, è l’anno 2008, Samia ha diciassette anni e la gazzella africana comprende che esiste un mondo Altro, fino ad allora sconosciuto. Torna sconfitta dalla Cina, però diventa un simbolo per le donne musulmane di tutto il mondo. Nel frattempo Hodan decide di compiere il grande Viaggio e clandestinamente lascia la Somalia per raggiungere l’occidente; durante il tragitto, incontra un uomo somalo e dal loro matrimonio nasce Mannaar.

Una sera, mentre tornava dagli allenamenti, Samia nota a terra un fazzoletto pieno di soldi e sente rumori provenire dalla vecchia casa di Alì: vi trova un uomo ben vestito e con la barba lunga: È Alì, arruolato anch’egli dagli integralismi violenti di Al-Shaabab; è un’altra persona ormai, convertito al Corano e apostolo del male. Il ragazzo le confessa di esser stato lui ad aver fatto uccidere suo padre per salvare la vita a tutto il resto della famiglia e che i soldi lasciati, sono un riscatto per aver tolto la vita al suo secondo padre.

Dopo che Alì si dilegua, Samia decide di seguire sua sorella e, attraverso una giornalista, giunge in Etiopia. I documenti tardano ad arrivare, così Samia non può allenarsi. Mentre il tempo passa, con la certezza di non voler tornare indietro, decide di partire da clandestina.

Da questo momento in poi Samia è una tahrib, clandestina, senza diritti, invisibile agli occhi di tutti e possibile oggetto di maltrattamento.

Per tre giorni viaggia con settantaquattro persone su una Jeep fino a Khartoum e, dopo aver superato il Sudan e il massacrante deserto del Sahara, arrivano ai confini della Libia, dove è lasciata nella prigione di Kufra, un posto in cui si è trattati come carne da macello se non si ha denaro da dare ai trafficanti di uomini.

Samia, dopo aver superato una malattia e la cattiveria degli uomini, arriva a Tripoli; anche qui, l’attesa è lunga: i trafficanti di uomini danno un minuto di telefonata ai migranti per chiedere a parenti i soldi per il Viaggio. Una volta giunti i dollari racimolati dalla sorella e dalla famiglia, si imbarca con destinazione Italia. Nel Mediterraneo, però, la barca, dopo un guasto va alla deriva per ore, fino a quando non giunge un’imbarcazione italiana: le intenzioni di riportare il convoglio indietro, spingono i migranti a buttarsi in mare per raggiungere gli italiani. Vengono calate delle funi per salvare gli uomini in mare, ma non tutti riescono ad afferrarle: Samia muore il due aprile 2012.

Un romanzo emozionante, violento e struggente, che ci permette di capire la disperata situazione di molte popolazioni africane, ma anche la grande potenza dei sogni che alimentano la speranza e caricano di aspettative la vita, pur affrontando disagi e violenze.

La vita di Samia è un inno alla libertà, a quel sentimento che mostra la realtà come la vorremmo, covando il sogno di modificarla. La protagonista di questa storia è una persona da prendere come esempio, per il coraggio che le ha permesso di credere nei sogni fino al suo ultimo respiro.

Inoltre, il romanzo ttrasmette un altro significato importante: se uno ha un sogno, non importa la situazione economica o sociale in cui versa, se si ama veramente qualcosa, si superano ostacoli e difficoltà.

Questa è una storia raccapricciante, da consigliare a tutti in lettura, soprattutto agli adulti che spesso dimenticano che i ragazzi sono forti e coraggiosi, perché non hanno paura di sognare, di fare ciò che desiderano e di provare a vivere al meglio la propria vita.

Da non leggere prima dei sedici anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

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