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IL PREGIUDIZIO di Angelo NOBILE, La Scuola, Brescia 2014.

di Cosimo Rodia

 

 

Il nuovo studio di Angelo Nobile affronta un tema delicato la cui presenza condiziona il grado di civiltà di un popolo: analizza il pregiudizio che alberga nel cuore e nella mente dell'uomo e che avvelena la vita individuale non meno che la convivenza civile.

Come ci ha abituati lo studioso ligure, il tema è affrontato primamente sul piano epistemologico; il primo capitolo passa in rassegna i vari studi sul tema, per cui dà conto della teoria innatista, secondo cui si nutre un pregiudizio verso ciò che non si conosce, per ciò che si pone al di fuori del la prevedibilità, dell’ovvio e del convenuto (Hebb, Bauman). Quindi si analizza la teoria freudiana del pessimismo antropologico, secondo cui si proiettano all'esterno gli impulsi distruttivi, inaccettabili per la coscienza che allignano antropologicamente nella natura umana. Qui lo straniero è dentro di noi e combatterlo è come lottare con il nostro inconscio. Per Freud i pregiudizi sono quindi la risultante di disturbi della personalità; mentre per la teoria cognitivista i pregiudizi sono forme spontanee di categorizzazione della realtà. Ovverossia, il fatto di fare parte di gruppi sociali diversi predispone al pregiudizio, con una propensione incoercibile del pensiero (Brown); in particolare, la teoria di Simmel considera il pregiudizio come consequenziale al timore di dissoluzione del gruppo di appartenenza, coincidendo con la risposta difensiva dell'in-group di fronte alla minaccia, reale o presunta, rappresentata da un altro gruppo. Così si spiega anche come in casi di crisi economica e sociale si assista ad una recrudescenza del pregiudizio.

Da un'analisi più sociologica emerge che i soggetti con pregiudizi sono quelli che hanno personalità fragili, insicure, un Io debole che vede l'Altro come una  minaccia. Per Adorno chi ha vissuto i processi di socializzazione primaria in un clima autoritario e repressivo, sviluppa a sua volta una personalità autoritaria e conformista. Rifiutano l'Altro anche i narcisisti o gli etnocentrici, come anche i religiosi quando scivolano verso il fondamentalismo.

Chi è vittima di pregiudizi manifesta frequentemente disturbi della personalità su base  psicosomatica; sviluppa sentimenti di inferiorità e di inadeguatezza; non di rado attiva comportamenti intrapunitivi o controaggressivi. E tende a conformare il proprio comportamento alle attese familiari e sociali nei suoi confronti (effetto Pigmalione o profezia che si auto adempie).  Il pregiudizio può giustificare episodi di violenza e politiche discriminatorie, fino a giungere all’apartheid e agli Olocausti.

Nobile analizza anche la distinzione tra pregiudizio è stereotipo. Quest’ultimo è una "scorciatoia
del pensiero”; ovvero, tendiamo a ridurre la massa caotica di informazioni da cui siamo quotidianamente investiti in insiemi omogenei, attraverso processi di categorizzazione. Per Tajfel, il processo di categorizzazione attraverso cui si producono stereotipi è deindividualizzante. Una volta prodotto uno stereotipo il soggetto si aspetta la conferma delle attese da parte dei propri interlocutori sociali. Lo stereotipo attecchisce di più negli individui che hanno ridotte risorse cognitive e basso livello di problematizzazione della realtà. Il pensiero stereotipato costituisce l'anticamera del pregiudizio; Bianca Gelli avverte che l’eccessiva semplificazione porta a mascherare e deformare la verità. Quando lo stereotipo si carica di valenze affettive e identitarie, orientando gli atteggiamenti, si trasforma in pregiudizio. Dal punto di vista psicologico lo stereotipo, comunque, può avere una funzionalità nell’economia della psiche: sotto il profilo cognitivo offre una rappresentazione semplificata della realtà, condensandosi in un giudizio immediato su persone, gruppi o situazioni che orienta prudenzialmente il comportamento; sotto il profilo sociale, cementa i rapporti tra i membri di una collettività e consolida il senso di appartenenza.

Il professore dell’Università di Parma, poi, documenta come il pregiudizio sia stato sempre presente nella storia: dalla Grecia classica, ai romani, al medioevo, fino ai nostri giorni. I pregiudizi più diffusi: quello etnico-razziale, etnico-nazionalistico, regionale campanilistico, di genere,  religioso, verso la diversità fisica, verso i differenti orientamenti sessuali, verso le classi sociali.

Nel secondo capitolo, lo studioso ligure analizza le principali  fonti del pregiudizio: la famiglia, la scuola, l’ambiente sociale, la letteratura, i fumetti, i libri di testo, l’insegnamento storico, la saggistica, i film, la Tv, internet, la pubblicità, le barzellette, le canzoncine...

È un’analisi puntuale e documentata, oltre che originale, discostandosi dai consueti e spesso ottimi studi sul pregiudizio, come anche dalla saggistica del libro per ragazzi, in cui questa problematica è solitamente assente.

Non meno interessante il terzo capitolo, di taglio più propriamente didattico, ricco di indicazioni operative, specialmente per la scuola. Nobile parte da alcuni dati: nel 2011 gli immigrati in Italia sono 5 milioni, l'8,2% della popolazione, con 756.000 bambini iscritti nelle nostre scuole (il 9%). Cosa fare per ridurre i pregiudizi sociali, condizione di un'educazione democratica? Lo studioso elenca una serie di condizioni e una ricca gamma di possibili attività per la prevenzione e la decostruzione del pregiudizio. Attività che coinvolgono tutte le agenzie educative, formali e informali, ma che trovano terreno elettivo di realizzazione nella scuola, affiancandosi  a strategie educative quali  la corretta informazione circa l'oggetto della preconcetta ostilità, la conoscenza diretta, gli scambi multiculturali, i viaggi all’estero, la corrispondenza interscolastica... La lotta al pregiudizio si può comunque svolgere su vari livelli: scientifico (l'insussistenza di giustificazioni biologiche razzismo), culturale (tutti i popoli contribuiscono al cammino dell'umanità), religioso (la carità, la fratellanza, l'ecumenismo), educativo-psicologico (lo sviluppo di personalità armoniche, aperte all’alterità, in pace con sé e col mondo).  La strada percorribile è quella dell’empatia, additata dagli studiosi Voci e Pagotto, tesa a ridurre la distanza tra il sé e l'Altro; un siffatto  atteggiamento non esaspera l’identificazione con l'in-group, mentre l’empatia sgrana anche il bisogno psicologico del soggetto di proiettare nei confronti dell'out-group le proprie frustrazioni (e i propri disturbi della personalità).

Ovviamente per guardare l'Altro senza pregiudizi è necessario conoscere se stessi, la propria interiorità e il proprio in-group, un'abitudine smarrita perché in una società efficientista e frettolosa, vi è poco spazio per l'introspezione. Il contatto con gli altri fa prendere visione della diversità e riduce l'ansia in favore di atteggiamenti empatici. Una civiltà del dialogo avvicina membri di out-group differenti. In una tale battaglia, ovviamente la scuola è fortemente chiamata in causa, nel creare un clima collaborativo e di responsabilità, per una comunità accogliente.

Nel quarto capitolo, Nobile continua nelle proposte operative: se la letteratura (al pari di ogni altra forma di comunicazione) può essere fonte di pregiudizio, così può segnalarsi anche come una risorsa per la sua prevenzione e risoluzione; per cui il libro per ragazzi deve sentirsi investito della missione, tra le altre, di  seminare i valori umani della pace, della fratellanza, della solidarietà.

Oltre alla ricchissima bibliografia, Nobile presenta un’appendice in cui inserisce una serie di libri per ragazzi, e poi di film, classici e recenti, utili per la lotta contro il pregiudizio, ordinandoli  per nuclei tematici e per obiettivi: contro il pregiudizio etnico-razziale, di genere, sociale… per la migliore conoscenza di altre civiltà e culture, per l’accettazione della diversità, per lo sradicamento di stereotipi…

Se nelle grandi svolte epocali gli studiosi sono chiamati all’impegno morale ed intellettuale di individuare le vie percorribili da intraprendere, Nobile non si sottrae a questo dovere, ed esplora con acuta analisi e ricchezza di documentazione e di riferimenti culturali l’area formativa per individuare le possibili risposte, benché provvisorie, ai tanti nodi problematici che segnano, talora drammaticamente, questo nuovo che avanza.

Un saggio a tutto tondo, che affronta il problema del pregiudizio (e dello stereotipo) nella loro natura e nella loro genesi, nonché nelle loro conseguenze sul singolo e sulla collettività, ne denuncia le possibili fonti e addita congrue strategie educative e idonee modalità di intervento per la sua prevenzione e riduzione.

 Una lettura obbligata per lo studioso, anche per l’inconsueta dilatazione dello sguardo critico sul mondo della comunicazione letteraria, filmica, pubblicitaria, mediatica…, e uno strumento indispensabile di lavoro e di riflessione per una scuola che intenda operare per una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, ma anche per quanti hanno responsabilità educative, dirette o indirette, dai genitori agli scrittori per ragazzi e agli estensori di libri di testo, dai pubblicitari ai politici e ai pubblici amministratori. Un saggio che alza degli argini per un mondo più accogliente ed umano, all’insegna della solidarietà e della comprensione, di fronte al rapido delinearsi di una società interetnica e multirazziale, peraltro accompagnato da inquietanti fenomeni di intolleranza e di rifiuto.

 

 

 

LETTERATURA PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA
Angelo Nobile, Daniele Giancane, Carlo Marini
Editrice La Scuola, Brescia 2011, pp. 352.

 

di Cosimo Rodia

 

È stato recentemente pubblicato Letteratura per l'infanzia e l'adolescenza di Angelo Nobile, Daniele Giancane, Carlo Marini, Editrice La Scuola; tre docenti di Letteratura per l'infanzia rispettivamente nelle università di Parma, Bari, Urbino.
Uno studio di ampio respiro che riesce a coniugare l'aspetto informativo-divulgativo con quello critico-problematico, quest'ultimo particolarmente approfondito da Angelo Nobile fin dal primo denso capitolo, in cui affronta questioni fondative della critica del libro per ragazzi, oggi spesso ignorate: la natura della letteratura cosiddetta "per l'infanzia" e il suo ambito di competenza, i suoi rapporti con la pedagogia e la psicologia, il problema della denominazione della disciplina e quello dell'approccio critico più congruo al libro per ragazzi, i requisiti del critico...
Per una disciplina in fieri probabilmente si è reso necessario un approccio ampio, anche per via di un settore editoriale di grande vivacità, per la presenza di molti scrittori sulla scena letteraria e per i grandi interessi economici che vi ruotano.
Un interesse per il libro per ragazzi contraddittorio se si guarda al fenomeno dell'analfabetismo di ritorno, ma proprio su alcuni punti deboli potrebbe avere buon gioco la sempre presente logica adultistica che utilizza la letteratura per l'infanzia per fini strumentali e per far passare stili, modus operandi, visioni del mondo distanti da quello infantile.
Ebbene, Letteratura per l'infanzia e l'adolescenza è un manuale nuovo, principalmente per come sono trattati i vari temi, che, al di là della condivisione delle posizioni espresse, aprono a ventaglio una serie di questioni cruciali che meritano approfondimenti.
Andando per ordine, il fine dello studio è certamente informativo nella misura in cui dedica più della metà della sua grossa mole alla storia della disciplina, dall'origine fino al terzo millennio, seguendo, con un taglio storico-cronologico, una linea del tempo su cui sono posti scrittori e opere che hanno dato forma e sostanza alla letteratura per l'infanzia.
Marini ha curato la storia della disciplina da quando l'uomo mescolava e contaminava racconti (originando: miti, leggende, racconti popolari), alla nascita della fiaba letteraria nel XVIII secolo, fino all'esplosione, col romanticismo, della trascrizione della fiaba, caricata di religiosità e di patriottismo. Il professore di Urbino si sofferma su una serie di romanzi che nell'800 delineano una nuova letteratura per i soggetti in formazione, andando da Melville a Kipling, da Twain a London, da Verne a Dickens. E in Italia, quantunque in ritardo, appaiono opere celebri poi tradotte in tutto il mondo: Pinocchio, Cuore, Gianburrasca. Marini non manca di presentare la produzione letteraria del primo Novecento e di ribadire come nel ventennio fascista la letteratura per l'infanzia diventa uno strumento d'inculturazione, per rinascere nel secondo dopoguerra con Rodari e con romanzieri di forte impegno sociale e civile.
Dei "favolosi" anni Settanta in poi si occupa Giancane, che con un incedere leggero ed elegante nella scrittura, attraversa la novità del teatro-ragazzi che nasce sulle teorie di Grotowsky, Artaud e Barba e racconta la forza dirompente dei nuovi romanzi impegnati, che hanno il pregio di parlare della realtà e dell'uomo, mantenendo centrale l'infanzia; della lunga schiera, Giancane cita: Gianni Rodari, Alberto Manzi, Giovanna Righini Ricci, Luciana Martini, Rossana Guarnieri, Marcello Argilli, Mino Milani, Domenico Volpi... Di ognuno, lo studioso barese, segnala libri, richiama contenuti e rileva le peculiarità. Affronta, poi, la nascita e la lenta sedimentazione dei generi letterari che vanno dall'avventura al fantascientifico al fantasy, non trascurando di trattare l'apparizione dei manga e nippocartoons che esplodono negli anni Ottanta.
Seguendo la successione cronologica, Giancane si sofferma proprio sulla svolta degli anni '80, in cui abbondano le traduzioni di libri stranieri, evidenziando i titoli pubblicati e la nascita di nuove collane editoriali; in cima a questo grande movimento, v'è la consapevolezza di dare vita ad una letteratura che non sia "altro" dalla vita reale, ma libri capaci di dare ai giovani lettori l'idea del mondo in cui vivono; il lunghissimo elenco annovera: Roald Dahl, Bianca Pitzorno, Angela Nanetti, Roberto Piumini...
Il professore della città levantina non manca di soffermarsi sul fenomeno della nascita del libro-game e dell'esplosione negli anni Novanta del genere horror, col ruolo non secondario giocato da Stephen King, per giungere a rappresentare una serie di libri negativi e testimoni di un tempo in cui sono messe in crisi le istituzioni e i valori cardini della società; storie di famiglie complicate, rappresentate come normali situazioni dei nostri tempi…
L'esplosione del fantasy e i libri "a tema" fanno intendere ancora che il libro è entrato nell'ottica del marketing, perché considerato merce… Ma Giancane non è apocalittico, perché è convinto che la narrazione è un bisogno inalienabile dell'uomo.
Il capitolo successivo, scritto da Nobile, delinea gli itinerari educativi e didattici volti alla stimolazione di interesse e motivazione per la lettura lungo l'arco dell'età evolutiva. Quindi lo studioso dimostrando l'incidenza, talora profonda e duratura, dei contenuti narrativi sulla personalità, e denunciata la presenza, all'interno dell'editoria per ragazzi, di libri non sempre rientranti nella categoria dell'adatto, richiama il ruolo di filtro e di orientamento dell'adulto-educatore in materia di letture giovanili, nonché la necessità di una narrazione "su misura", in ordine al livello di maturità globale del destinatario, al suo vissuto e al suo profilo di personalità. La critica, supportata da puntuali esemplificazioni, investe i contenuti, il linguaggio e le illustrazioni di libri. Le stringenti argomentazioni rimettono in discussione certezze acquisite e scardinano luoghi comuni, come ad esempio sulla questione della fedeltà delle illustrazioni al testo o sul problema delle riduzioni e degli adattamenti.
Il docente di Parma sottopone a disamina critica due indirizzi di scrittura emergenti: l'horror e il fantasy. Sul primo si discosta dalla diffusa opinione secondo cui, pur senza il supporto di dati sperimentali, questo racconto esorcizzerebbero ansie e paure, dimostrando invece come possono essere causa di paure persistenti e di stati d'ansia non immediatamente risolti. Del fantasy, pur nel contesto di una valutazione positiva, segnala la natura di narrazione non sempre congeniale cronologicamente e psicologicamente all'infanzia.
L'analisi critica si rivolge poi ai cosiddetti "testi trasgressivi", da molto plauditi (forse per una captatio benevolentiae verso gli editori?!): romanzi che narrano gli eccessi di protagonisti adolescenti, oppure adulti mostri…, e qui Nobile richiama una serie di romanzi veramente raccapriccianti (da Papà non mi toccare di E. Howard a Zio vampiro di C. D. Grant, da Canale zero di F. Poluzzi a Monster di Ch. Pike…).
Lo studioso denuncia la ripetitiva presenza di adulti indegni e di adolescenti calati in un mondo brutale e ostile, all'interno di una narrazione cupa e deprimente chiusa alla speranza; e ribadisce, richiamando Rodari e Makarenko, che il ragazzo ha bisogno di fare provvista di fiducia e ottimismo, per affrontare le prove che l'attendono nella vita.
È poi la volta dei libri ideologizzati, paragrafo coraggioso, in cui Nobile denuncia la presenza all'interno dell'editoria per l'infanzia di una nuova e aggiornata versione della tradizionale letteratura didascalica, in cui il libro si fa veicolo di diffusione di posizioni e tesi di parte e strumento di manipolazione e di conformazione del giovane lettore all'insegna di nuovi valori (o disvalori, è il caso del tentativo della Sinistra con Kuore. Una molotov per De Amicis di L. Chiosso, o quello della Destra con l'anticomunismo della Visentini).
La conclusione riporta una sorta di decalogo, in larga parte controcorrente, che esprime la filosofia di fondo del volume e riassume le tesi in esso contenute. In particolare si sostiene la vocazione ricreativa e formativa del libro per ragazzi e si afferma che il tanto enfatizzato "piacere del testo" riferito a questa particolare letteratura (qui altra problematica di interesse pedagogico e psicologico) non può essere assunto a criterio assoluto nella valutazione del libro per il soggetto nell'età dello sviluppo. Conclude una ricca e puntuale bibliografia ragionata utile per ulteriori approfondimenti.
Letteratura per l'infanzia e l'adolescenza, quindi, rispetto alla saggistica corrente, di prevalente taglio storico-letterario o sociologico, privilegia una trattazione per problemi, caratterizzandosi per la forte attenzione agli aspetti formativi della lettura, e coerentemente focalizza l'attenzione più sul lettore che sul libro o sull'autore, operando una sorta di rivoluzione copernicana e ponendosi in posizione dialettica con la critica dominante del settore.
Al di là della possibile condivisione o non condivisione delle tesi sostenute, il saggio, di taglio psico-pedagogico, pervaso da una forte tensione valoriale, appare fortemente innovativo, equivalendo ad una sorta di sasso nello stagno della critica del libro per ragazzi; ha infatti tra gli altri, il merito precipuo di sollevare questioni nodali e di porre tanti problemi di interesse educativo che affollano l'orizzonte della letteratura giovanile.
Letteratura per l'infanzia e l'adolescenza costituisce pertanto una imprescindibile base di partenza per una non differibile discussione critica tra gli studiosi del settore e per un confronto aperto di posizioni culturali finalizzato alla crescita della disciplina e ad una sua sistemazione epistemologica.
Al tempo stesso, rappresenta uno strumento indispensabile sia di orientamento sia di perfezionamento professionale per genitori, insegnati, bibliotecari, scrittori, illustratori, editori, e per gli studenti delle Facoltà di Lettere e di Scienze della Formazione.
 

L'EVOLUZIONE DEL MERAVIGLIOSO - DAL MITO ALLA FIABA MODERNA

COSIMO RODIA

Liguori, Napoli 2012, pp. 210.

 

Il volume "L’evoluzione del meraviglioso – Dal mito alla fiaba moderna"  è uno studio storico-letterario-pedagogico diacronico sui  racconti fantastici, dalle loro più remote espressioni fino alle nuove e sempre cangianti forme assunte nella società altamente tecnologica.

Il saggio analizza le prime fisionomie di narratività che vanno dal mito alla favola, alla Sacra Scrittura; si sofferma in particolare sulla nascita della fiaba letteraria, per giungere a quella moderna, in una sintesi criticamente declinata sul paradigma del rapporto testo letterario-educazione-esigenze sociali.

Il testo presenta in una prospettiva pluridisciplinare autori, opere che a vario titolo hanno contribuito sia allo sviluppo della fiaba, sia al soddisfacimento del bisogno umano di meraviglioso; una produzione che ha fortemente caratterizzato nei secoli il “divenire” della letteratura per l’infanzia. 

 

LA POESIA PER L'INFANZIA IN ITALIA DAL NOVECENTO AD OGGI

COSIMO RODIA

PensaMultimedia, Lecce 2013, pp. 306.

 

"La poesia per l'infanzia in Italia" è uno studio diacronico che attraversa il '900 fino ai nostri giorni. Il volume riflette sugli aspetti epistemologici della poesia; presenta alcuni poeti della letteratura italiana, i cui testi, sebbene non intenzionalmente scritti per l'infanzia, si sono rivelati congeniali ai fanciulli; esamina la poesia del secondo dopoguerra, che opera una prima discontinuità rispetto al passato, con composizioni espressamente scritte per i soggetti in formazione, con in nuce un chiaro progetto educativo; analizza l'opera di poeti del nostro tempo, scegliendo all'interno della nutrita schiera una rosa di ventidue scrittori, che costituiscono a giudizio dell'Autore, esempi paradigmatici sia delle nuove modalità di scrittura, sia dei temi oggi prevalentemente trattati; infine, propone una panoramica delle case editrici italiane che ospitano almeno una collana di poesia per l'infanzia.

Il saggio, dunque, è un'opera storico-letterario-pedagogica, a carattere divulgativo, che attraverso i vari passaggi interpretativi, le note bibliografiche a piè pagina e la cospicua bibliografia in coda al testo, confida di offrire stimolo e strumenti per auspicabili approfondimenti.

 

LA NARRAZIONE FORMATIVA - DAI CLASSICI AI NUOVI INDIRIZZI DI SCRITTURA

Cosimo Rodia

PensaMultimedia, Lecce 2010, pp. 313.

 

È stato pubblicato il manuale di Cosimo Rodia "La narrazione formativa – dai classici ai nuovi indirizzi di scrittura", Pensa Multimedia (Le), nella collana “Paideia”, diretta dal prof. Hervé Cavallera.

Il saggio illustra l’evoluzione della narrativa per l’infanzia italiana dall’Ottocento ai nostri giorni, attraverso l’analisi dei romanzi più significativi che hanno costituito un riferimento per le giovani generazioni e presentato a loro modo un’immagine d’infanzia. La sintesi, realizzata da una prospettiva critica declinata sul paradigma del rapporto  testo letterario-educazione-esigenze sociali, va dalla fiaba classica a quella d’autore, a quella moderna. Si sofferma sui capolavori che hanno fondato la letteratura per l’infanzia come Pinocchio, Cuore e Gian Burrasca. Lo studioso tarantino esamina, poi, il genere “avventura” che tanti lettori ha raccolto - quando in Italia era prevalente il dannunzianesimo – con i romanzi di Emilio Salgari e con un rapido passaggio sul più grande testimone del genere di tutti i tempi, Jules Verne (più propriamente iniziatore del romanzo di anticipazione e padre dell'avventuroso scientifico), i cui caratteri servono a cogliere le peculiarità dello scrittore veronese.

Rodia analizza la rinascita avvenuta nel secondo dopoguerra, periodo in cui la letteratura giovanile sperimenta nuovi percorsi tanto da preparare la svolta degli anni Ottanta, di cui si presenta un panorama variegato diviso per generi e per nuclei tematici: dai romanzi d’impegno civile a quelli fantastico-surreali, ai libri-game...; un capitolo corposo in cui lo studioso discrimina una serie di volumi dalla forte valorialità, per creare delle linee guida, utili per orientarsi nella copiosissima produzione editoriale della letteratura per l’infanzia.

L’ultimo capitolo sviluppa un’articolata riflessione sull’educazione alla lettura e su coloro che dovrebbero promuoverla.

La narrazione formativa, dunque, offre un compendio efficace della evoluzione e della specializzazione raggiunta dalla letteratura per l’infanzia, utile ai genitori, ai librai, ai docenti e a quanti direttamente o indirettamente svolgono una funzione educativa. 

 

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